All’inaugurazione hanno preso la parola il Consigliere della
Regione Toscana Dott.ssa Bruna Giovannini e la storica d’arte Dott.ssa Liletta
Fornasari. La Dott.ssa Giovannini ha ricordato il percorso artistico
dei due pittori, il contributo che essi hanno dato alla
Diffusione dell’arte contemporanea nella loro città e la
loro giusta collocazione nell’ambito del palazzo della Regione Toscana che
ospita, fra l’altro, opere di altri artisti aretini.
Riprendendo il discorso, la Dott.ssa Fornasari ha espresso
parole di elogio per i due fratelli, così diversi nel loro linguaggio
espressivo, ma entrambi decisamente determinati per la conoscenza dell’arte
contemporanea in Arezzo. Ha quindi sottolineato l’importanza che ha avuto per
la città l’apertura nel 1958, della Galleria d’Arte Moderna L’Incontro ad
opera del fratelli Caporali, con la collaborazione dell’architetto Mercantini e
del pittore catalano Abel Vallmitjana. Il luogo, divenuto punto di ritrovo degli
appassionati dell’arte moderna, è stato il presupposto per la costruzione della
“Galleria di Arte moderna” e del “Premio Arezzo” che hanno avuto un ruolo
incisivo nella cultura aretina degli anni Cinquanta e Sessanta.
"L’aver dato spazio alle esperienze artistiche del nostro
tempo", ha continuato Liletta Fornasari: "ha permesso alla città di Arezzo di
assumere una posizione di avanguardia nella Toscana di quegli anni, più di
altre città ed anche della stessa Firenze, talmente legata alla tradizione del
passato da lasciar passare quasi inosservata l’arte del 900 ed artisti significativi
di questo secolo."
Passando ad analizzare il percorso pittorico dei due
fratelli, di cui ha ricordato la schietta matrice aretina, ha tenuto a
sottolineare come, pur avendo alle spalle gli stesi studi e le stesse influenze
artistiche, essi siano pervenuti a linguaggi completamente diversi e ad una
propria autonomia espressiva.
Ancora una volta quindi, ha ricordato Firenze, la città che
ospita la mostra, e in modo particolare due antenati illustri, i due fratelli
Ambrogio e Piero Lorenzetti. Anch’essi lavorarono negli stessi anni, talvolta anche in collaborazione, ma il frutto della
loro espressione artistica è talmente diverso, che per lungo tempo si è
ignorato lo stretto legame di parentela che li univa tra gli antichi
commentatori, Ghiberti ammirava Ambrogio e ignorava del tutto Pietro, Vasari
non sospettò neppure che Pietro fosse fratello di Ambrogio.
Un elemento comune nei quadri di Mario e Francesco, ha
continuato la Dott.ssa Fornasari: è la luce, ma già da questo punto di partenza
si avverte la diversità. In Mario la luce si accompagna al colore per dare vita
ad una natura solare, a paesaggi radiosi, positivi, espressioni di un animo
estroverso, mentre in Francesco dalla luce prende forma la materia opaca ed indistinti
appaiono paesaggi, figure, corpi, che lasciano intravedere sentimenti, stati
d’animo.
La pittura di Mario, con una vera e propria esplosione di
colore che caratterizza il motivo dominante dei suoi quadri, il paesaggio, è
come una rivelazione di una natura felice, quella di Francesco, che predilige
nature morte e nudi femminili, ha un carattere intimistico, venato di
malinconia.
Fonte: responsabile coordinatore mostre Palazzo Panciatichi
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