Il critico Lilli Latino, in un suo intervento, parla del pittore Francesco Caporali:
"Cecco Caporali, pittore di Arezzo- Fosse uno scultore, d’accordo: la scultura è l'arte del togliere, non del mettere, che è prerogativa della pittura. Ma Cecco è pittore; e abbastanza misteriosamente fa cavando, scavando, non disegnando e poi deponendo colori sulla tela. In principio, in ogni sua tela, era il colore; una materia densa e opaca, evidentemente il caos, e, come al solito, chissà chi l’aveva creato quel caos, tutto nero, o tutto verde, o tutto rosa carne, anche tutto bianco. Colore-materia, senza luce.
Poi intervenne lui, Cecco, e coi pennelli frugò nel colore, ne tolse, scavò in profondità sino al cuore, sino al significato stesso del colore, e dal Caos fece scaturire la luce, ne fece sprizzare quel tanto che bastasse a illuminare l’opaca materia. E nella luce presero forma i paesaggi, i corpi, i sentimenti, e nelle anse dell’ombra segretamente si accesero di altri colori, che in principio non c’erano. Può anche darsi che il procedimento pittorico di Cecco Caporali non sia precisamente questo; ma così me lo hanno raccontato; e io, che sono incline a dar credito alle leggende, tanto più se un po’ luciferine, questa la prendo per buona. Altrimenti, come potreste spiegare l’esistenza di quei suoi Cardinali torvi e sagaci che emergono da una buia antichità di intrighi, dalle nere profondità del sapiente potere di sempre? E come potreste giustificare, senza evocare l’atavica condanna del peccato originale (o la primigenia presenza della nostra lussuria) le suggestioni di quei nudi così tiepidi, così disponibili, la cui candida e forse inconsapevole lascivia nacque assai prima dei loro corpi, venne da molto più lontano delle loro camerette di vergini o dei loro boudoirs di cortigiane? E come spieghereste, ditemi, quegli straordinari ritratti di famiglia che nella diafana inespressività dei volti apertamente vi confessano, invece, tutte le ambizioncelle e i fallimenti e le piccole turpitudini del loro intero albero genealogico, sin dalle radici? E quei passaggi densi e attoniti, quei tramonti estremi, che solo nell’attimo in cui li guardate liberano dal loro magma tellurico, il raggio vitale che il pittore era andato a cercando, e ora, colti in flagrante creazione, d’un colpo illuminano le nubi del cielo, i boschi sui monti, anche Arezzo, anche voi?."
Lilli Latino
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